woatia telecomunications

Sogno un megaschermo presso la piazza storica di un borgo italiano, che fa la pubblicita’ di un torneo di beach volley: ma la pubblicita’ e’ un video di alcuni posti familiari attorno alla casa dei miei genitori e l’ultima scena siamo noi visti da fuori del cancello di casa, quando io ero piccolo. Mia madre e’ come nelle foto di quando era giovane, mio padre ha un cappello strano e le mie sorelle sono come in queste foto allegate. Io mi giro verso due colleghe di lavoro (con cui ho appena fatto la spesa) che stanno accanto a me e chiedo loro se hanno visto la stessa pubblicita’ che ho visto io. Poi mi desto dal sonno ricordandomi il nome della compagnia di telecomunicazioni sponsor della pubblicita’: cerco quindi su internet “woatia + beach + volley” e giungo a questa pagina di un giornale di pubblicita’ del 1912 in Australia (distribuito a nord di Melbourne). Rimango con questo senso di disorientamento per aver visto uno spezzone della mia vita rappresentato come nel film “the truman show”. Appena qualche sera prima avevo riflettuto con Nerea su quanto contiamo poco in questo show universale che e’ la vita ed ero rimasto combattuto tra un senso di sollievo e di inutilita’.


Ikerbasque

Oggi mi hanno detto che ho vinto la borsa. Altri 5 anni in Euskadi!

 


Il nuovo corso…

Questo blog rimarra’ chiuso, a parte piccole eccezioni (per il momento solo Francesco), e da oggi ci metto anche le avventure di Nerea.

14/7/2019 Ultimo concerto dei Berri Txarrak:
in 20,000 li salutano al Kobetamendi (Bilbao)

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Aspaldiko

Paura, dolore, ignoranza, cambiamento: sono cose che istintivamente tentiamo di evitare nella nostra vita, ma ne sono parte integrante. Non c’e’ via di fuga, pero’ possiamo cambiare noi stessi per affrontarle meglio.

I'm back

 


Iniziazione allo sciamanesimo

Questo sogno e’ avvenuto la notte tra il 6 e il 7 gennaio 2015. Mi sono svegliato alle 4.30 am molto sudato. A fianco la Dani e Nerea che si stava per svegliare per la poppata.

Sono ad una congrega di sciamani. Uno dipinto sul corpo come in quelle tribu’ indigene dell’Amazzonia viene verso di me e mi prende il braccio, stringe la sua mano sopra il mio bicipite e io faccio lo stesso con lui a mo’ di saluto. Mi dice “quanta forza (inteso come energia interiore), da dove viene?” Io rispondo quasi piangendo che mi sono sentito tanto solo. Credo di voler intendere di sentirmi finalmente in un gruppo di miei affini.

Comincia il rituale sciamanico di iniziazione, io preso dalla paura sto per sbagliare e non avere la necessaria concentrazione. Un altro sciamano si avvicina e mi dice di stare tranquillo o non potro’ essere iniziato. Alla fine trovo la concentrazione e vado in trans. A quel punto sono consapevole di essere diventato uno sciamano ( o curandero).

In un sogno parallelo che credo cominci a questo punto mia sorella cristina mi accusa di aver molestato una bambina (sua figlia, mia figlia?) che e’ appena nata perche’ sta in un ospedale.  Non sono sicuro se mi accusi o mi chieda di trovare il colpevole. Io mi reco presso l’ospedale e intuisco grazie alle mie capacita’ di sciamano che la colpevole e’ una infermiera dell’ospedale. La individuo e la faccio confessare. Quando confessa ci sono alcune persone, alcune gestiscono l’ospedale e fanno finta di non aver sentito o negano il fatto per non avere grane. Fortunatamente un’altra figura femminile (la portiera) si erge a testimone di quanto accaduto. A questo punto sono soddisfatto di aver smascherato i colpevoli.

Credo che questa seconda parte sia molto simbolica e riguardi me stesso. Un vero sciamano deve fare i conti coi propri demoni. Alcuni dei miei hanno a che fare con la sfera sessuale e la morbosita’ per gli organi sessuali e il retto in generale. Il mio segno zodiacale e’ molto sessuale, non necessariamente  in senso pratico quanto piuttosto in termini di pensieri/attenzione alla dimensione sessuale mia, della mia compagna, di mia figlia (che e’ neonata e attira la mia attenzione quando le faccio il bagnetto ad esempio). Quando il mio io sciamanico denuncia “la colpevole” c’e’ una parte di presenti che tenta di ovviare al problema negandolo mentre la testimone lo rende pubblico e riconosciuto. Si tratta, credo, di esplicitare una pulsione che esiste e di liberarla dall’aura di paura che infonde solo per il fatto che esiste in noi.

A questo punto mi sveglio molto soddisfatto dopo aver inseguito una luce bianca.

ps: Un tempo avevo letto Osho sostenere che l’energia sessuale e’ la stessa di quella spirituale solo con orientazione opposta.

Riscrivendo questo sogno mi viene da pensare che nella seconda parte ho voluto rispondere alla domanda dello sciamano. La mia energia sessuale e’ la stessa che mi rende uno sciamano quindi non devo negarla o demonizzarla, non devo averne paura.


L’uomo che saro’

L’uomo che sarò vede le donne come la parte migliore dell’umanità. Tenta di apprendere da loro l’intelligenza emozionale e cerca di carpirne il dono dell’empatia.

Non prova invidia per la propria inettitudine a generare la vita, non pensa alla donna come oggetto di piacere per sé, semmai misura la propria grandezza con la capacità di metterla a proprio agio, capirla e dare piacere.

È consapevole che solo assieme a una donna può comprendere il senso dell’amore, il vero significato dell’accoglienza ed il divenire dono per l’altro. Solo con una donna può sperimentare una prima forma di unione spirituale che conduce teneramente all’annullamento del proprio egoismo.

L’uomo che sarò riesce anche a vedere le debolezze della donna, non fraintende gli atteggiamenti che derivano dalle sue insicurezze, ma è rassicurante e infonde consapevolezza. Sa per certo che non deve farla sentire vulnerabile e presuntuosamente mostrarsi superiore.

Non ha paura di amare una donna fino in fondo e di mettere la propria vita nelle sue mani. Riconosce la bellezza della donna, la sinuosità delle sue linee, l’armonia dei suoi movimenti, ma non prova desiderio di possesso, quanto piuttosto un senso di appartenenza. Dice a se stesso: “Io voglio appartenere a questa bellezza”.


Lettera di scuse

Piango amaramente per averti causato questo dolore, per averti fatto sentire debole, inetta e sola, piango per essere la persona che sono: un irrequieto, un insoddisfatto, uno sempre alla ricerca di qualcosa, per molti aspetti un infelice, anche se riesco a mascherarlo bene.

Per questo non ho mai progettato la mia vita, nemmeno con te, e non perché tu non ne fossi all’altezza. Io lo sapevo bene che avevi bisogno d’altro, di stabilità e sicurezza. Me ne curavo, eccome, e te l’ho detto più volte. Mi aspettavo che a un certo punto ti saresti stancata di me, ma nel frattempo pensavo di poterti anche fare del bene e renderti più forte.

Non mi sono mai sentito superiore a te. Al contrario è per merito tuo – parlo della tua dedizione nei mie confronti, del coraggio che mi hai dimostrato nel credere in noi – che alla fine mi sono deciso di trovare un equilibrio, prima dentro di me ed infine in questa città d’acqua.

Ad ottobre ho lasciato andare un lavoro di tre mesi in Sud-Africa. Lo yoga che facevamo assieme mi stava facendo bene anche per questo. La gelosia, mai provata prima, che avevo nei tuoi confronti era diventata un modo per esprimere l’importanza che avevi acquisito per me. Mi logoro ripensando a come mai questo non ti sia arrivato, ma anche, semplicemente, a come quell’ultima domenica assieme non sia bastata a farti arrivare che ti amavo oltre a tutto quello che potevo, e non riuscivo, a dire a parole. Avrei dovuto scriverti come sto facendo ora, avrei dovuto farlo prima.

Anch’io provo rabbia nei tuoi confronti per questo motivo, specie a quando penso che a quel punto stavi ascoltando le parole di un altro. Credo che quegli atteggiamenti di distacco che hai odiato di me, e che ti provocano il risentimento che hai nei miei confronti, abbiano nascosto ai tuoi occhi ciò che più in profondità stavo meditando. Al contempo penso che la tua attenzione fosse rivolta ad altro. Ma se è così, allora non mi spiego come hai potuto fare l’amore con me a quel modo, al punto che ho gridato gemiti che erano preghiere a Dio e nei tuoi occhi ho visto il nostro presente, passato e futuro. Tu c’eri, eri lì con me, eravamo uno. L’ho vissuto da solo tutto questo? Io non ci credo.

Ora che ci siamo lasciati mi ritrovo a fare disperatamente i conti con quella voce che ulula dentro di me e mi chiede di non attaccarmi a niente e nessuno, di non indugiare troppo in nessun posto, in nessun lavoro, di non accettare nessun compromesso e di continuare ad andare come un vagabondo nel mondo. È un impulso che so, non mi porterà alla felicità, forse soltanto a una maggior consapevolezza della vita nelle sue molteplici forme. Ma, ho paura che sia una consapevolezza che non dia frutto, semplicemente qualcosa che matura in un continuo divenire di mutamenti tra pochi piaceri e molta sofferenza, senza arrivare veramente a niente. È una parte di me che mi fa sentire molto solo. In tutto questo oceano penso che tu mi abbia gettato un salvagente ed io non sono riuscito a prenderlo. Sto ancora annaspando per provare a riavvicinarmi, ma sento che le correnti mi portano via.

Allora scrivo dell’uomo che sarò per non lasciarmi annegare, per ricordarmi la strada che ho intrapreso, ma soprattutto per fissare una meta intermedia che ritengo raggiungibile, continuando a lavorare su me stesso. Non voglio essere un uomo ordinario, specie come lo sono gli uomini di questo tempo, in preda all’individualismo assoluto. Ma, come posso in qualche modo mettere un limite al mio Ego? Voglio provare con tutte le mie forze ad andare oltre, affrontando tutta le sofferenze che questo comporterà.


Preambolo

Il saggio di seguito esposto raccoglie il mio lavoro di ricercatore dell’infinito, e cioè i pensieri di un uomo alla ricerca continua di una spiegazione ultima, ma soprattutto della pace dentro di sé. Di qui il problema della ricerca: queste ultime due cose non vanno molto d’accordo tra di loro, per quanto mi riguarda.

Più che “pace” la parola che mi si addice di più è “crisi”. Crisi significa passaggio, ed è nei momenti di passaggio che do’ il meglio di me. ….E cioè scrivo.

Sono stato in continua crisi di mezza età fin da quando avevo quattordici anni e nei tumulti dell’adolescenza trovavo conforto mettendo i miei pensieri per iscritto. A quel tempo, è stato il risveglio dei sensi e la scoperta dell’amore passionale a rendermi irrequieto.

Poi, a partire dall’università, si è aggiunta la mia instabilità relativa agli interessi di studio e di lavoro. Non c’era niente che dopo essere stato sperimentato mi suscitasse ulteriore interesse. Questo secondo tipo di instabilità sono riuscito a vivermela anche geograficamente, nel senso che, una volta uscito di casa non sono più rimasto nello stesso posto molto a lungo.

Per ultimo, ha fatto capolino anche il richiamo dello spirito, ovvero il ribellarsi della mia anima alle costrizioni della dimensione fisica, come quell’usignolo che cinguetta di libertà da dentro a una gabbia.

Ognuno di questi tre livelli di “assenza di pace“ si è aggiunto al precedente senza che riuscissi mai a trovare un equilibrio, se non per pochi brevi ed intensi momenti. Così sono arrivato alla soglia dei trent’anni in preda alla mutevolezza dell’esistenza.

Non sono dunque stato un compagno di vita facile per nessuno, spesso nemmeno un compagno, nel senso che questa tensione continua mi ha proiettato molto su me stesso. Molti dicono che io sia egoista ed arrogante. Io penso che sia colpa della ricerca e della piega cha ha progressivamente assunto, che spesso mi spinge all’isolamento e alla presunzione di essere migliore della massa dormiente. A mia discolpa posso dire che ho capito fin dall’inizio che la pace che cercavo non sarebbe mai stata raggiungibile da solo. Eppure, col tempo, ho pensato di riuscire a fare a meno di lei. Stanotte sono particolarmente consapevole di quanto io abbia sbagliato, ma domani, lo sarò ancora?


Oniricon III

Sono in cima a una torre in una sorta di mansarda con un letto al centro. Ho dei poteri sopprannaturali, per esempio volo sulla tromba delle scale, ma ho anche il dono della telepatia e di parlare con i morti.
Queste capacita’ inaspettate mi procurano una sensazione piacevole, pero’ la presenza di spiriti malvagi mi provoca una sensazione di paura.


Il mio primo sogno lucido

Il mio primo sogno lucido è arrivato la notte tra il 31/12/2012 ed il primo di gennaio del 2013. Così dopo uno degli ultimi dell’anno più felici e malinconici mi sveglio il primo di gennaio e racconto tutto a Daniela che sta di fianco a me sul letto. Ovviamente non poteva che capitare che con lei che ha un mondo inconscio incredibile. Mi sveglio e le dico ” è successo, è stato una figata” e le racconto il sogno, metà del quale svanisce dalla mia memoria pochi minuti dopo. I punti salienti che rimangono sono il contesto iniziale, simile ad altri sogni passati: mi trovo in periferia di una metropoli, in questo caso era Roma, e devo raggiungere un punto della città. Come me altri sono sottoposti alla stessa “prova”. Ho un carattere incazzoso e me la prendo per ciò che gli altri fanno, ma in un modo  goliardico alla fine si riduce tutto a uno scherzo. Ad un certo punto siamo in spiaggia con degli altri e rompo una tavola da surf in testa a uno e poi ci rido sopra insieme agli altri. A questo punto circa capisco di stare sognando e decido di provare a fare delle cose. Come da suggerimento in “psicomagia” decido di guardarmi le mani, e incredibilmente ce la faccio. Me le sto guardando. Lo faccio un paio di volte. Poi provo anche a suicidarmi, convinto di non morire nel sogno, saltando giù da un balcone e invece di farmi del male prendo il volo e atterro da un’altra parte. Il sogno e’ lungo, termina e rincomincia più volte in dormiveglia, ma ho sempre la stessa lucidità, sono presente consciamente. In una delle ultime scene siamo  in una stanza ad una specie di tavola rotanda dove si raccontano le “prove” affrontate. Quando mi sveglio sono convinto che sia successo qualcosa di importante.